La Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, con la sentenza n. 32520 del 1° ottobre 2025, ha confermato la condanna di un preposto per omessa vigilanza durante l’utilizzo di una scala doppia a pioli che aveva provocato la caduta e il grave infortunio di un lavoratore.
Il caso
Il preposto, capo cantiere di un’impresa edile, aveva consentito che un lavoratore svolgesse operazioni di pulizia in altezza utilizzando una scala doppia senza che un collega la trattenesse alla base. L’operatore, posizionatosi “a cavalcioni” sulla scala per rimuovere ragnatele dalle finestre, aveva perso l’equilibrio e riportato lesioni gravi.
La Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza emessa il 18 settembre 2023 dal Tribunale di Ivrea che ha dichiarato colpevole il preposto perché, nella sua qualità di preposto e capo cantiere ometteva di sovraintendere e vigilare sull’osservanza, da parte del lavoratore infortunato delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza, in violazione dell’art. 19, comma 1, lett. a) D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. In particolare, ometteva di vigilare sul corretto utilizzo da parte del predetto lavoratore della scala a pioli doppia ovvero consentiva il suo utilizzo senza che vi fosse altro lavoratore a trattenerla ai piedi, cosicché lo stesso al fine di procedere alle operazioni di pulizia delle finestre dell’edificio, con la rimozione delle ragnatele, posizionandosi a cavalcioni sulla predetta scala, perdeva improvvisamente l’equilibrio e precipitava a terra procurandosi lesioni gravi.
Il Tribunale e la Corte d’Appello avevano dunque ritenuto che l’infortunio fosse riconducibile all’omissione del preposto, responsabile di non aver esercitato la dovuta vigilanza prevista dall’art. 19 del D.Lgs. 81/2008. La Cassazione ha confermato la sentenza nel 2025, rigettando il ricorso.
Il principio espresso dalla Corte
La Suprema Corte ha ribadito che il preposto è titolare di una posizione di garanzia che lo obbliga a sovraintendere all’attività lavorativa, garantire l’attuazione delle direttive ricevute e controllare la corretta esecuzione da parte dei lavoratori. Egli non può limitarsi a impartire ordini, ma deve verificare che le istruzioni vengano rispettate e intervenire immediatamente in caso di comportamenti non conformi. La responsabilità del preposto sussiste anche se il lavoratore compie un’azione imprudente, salvo che la condotta sia “abnorme” o totalmente estranea al rischio governato, circostanza che in questo caso la Corte ha escluso.
In dettaglio, la Corte ha riconfermato che il preposto assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro (Sez. 4, n. 12251 del 19/06/2014, dep. 24/03/2015, De Vecchi e altro, Rv. 263004: “In tema di infortuni sul lavoro, il preposto, titolare di una posizione di garanzia a tutela dell’incolumità dei lavoratori, risponde degli infortuni loro occorsi in violazione degli obblighi derivanti da detta posizione di garanzia purché sia titolare dei poteri necessari per impedire l’evento lesivo in concreto verificatosi”), anche nel senso di impedire prassi lavorative contra legem. Nel contempo la Corrte ha affermato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, affinché la condotta del lavoratore possa qualificarsi come abnorme, e come tale idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile quanto piuttosto che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748; Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386). In altri termini, per essere ritenuta interruttiva del nesso causale la condotta del lavoratore deve collocarsi in qualche modo al di fuori dell’area di rischio della lavorazione in corso. Nel solco tracciato dai principi appena enunciati, la Corte di appello ha congruamente escluso qualsivoglia abnormità od esorbitanza nella condotta dell’infortunato, che aveva ricevuto l’incarico dall’imputato, il quale era presente nelle immediate vicinanze, impegnato a sovraintendere e monitorare l’operato dei due operai in un cantiere di ridotte dimensioni.
Le conseguenze operative
Questa pronuncia rafforza ulteriormente il principio secondo cui la sicurezza sul lavoro è un dovere condiviso che coinvolge tutti i livelli dell’organizzazione.
Per le imprese, ciò comporta la necessità di:
- Formalizzare con chiarezza la nomina del preposto e i suoi ambiti di competenza;
- Garantire una formazione specifica e aggiornata, con particolare attenzione al ruolo di vigilanza e alle procedure operative;
- Assicurare sistemi di controllo periodico sulle modalità effettive di lavoro;
- Documentare le verifiche e le segnalazioni effettuate, in modo da poter dimostrare l’effettiva attuazione della vigilanza.
L’approccio CEDESA
CEDESA supporta le imprese nella costruzione di modelli organizzativi e sistemi di gestione conformi al D.Lgs. 81/2008 e al D.Lgs. 231/2001, offrendo:
- formazione specialistica per preposti, dirigenti e datori di lavoro;
- audit tecnici e organizzativi sulla vigilanza effettiva nei luoghi di lavoro;
- consulenza integrata per la prevenzione di infortuni e la gestione dei rischi residui;
- aggiornamenti costanti sull’evoluzione normativa e giurisprudenziale.
La prevenzione non è un obbligo formale, ma un investimento nella cultura aziendale della sicurezza.